La micropsicoanalisi è un metodo di investigazione psicoanalitica di derivazione freudiana. Il suo fondatore, Silvio Fanti, formato alla psicoanalisi negli Stati Uniti, già a partire dagli anni ’50 aveva allungato il tempo delle sedute da un’ora a tre ore mantenendo la loro frequenza plurisettimanale ma con la possibilità di effettuare sedute quasi quotidiane.
La “seduta lunga” è divenuta lo strumento fondamentale dell’intervento micropsicoanalitico. Essa permette di osservare un fenomeno caratteristico delle libere associazioni, che è stato definito “sovradeterminazione”1: ogni elemento associativo tende a scomporsi in dettagli, a loro volta scomponibili in microdettagli, e così via. Sogni, ricordi, eventi della vita quotidiana compongono il materiale manifesto delle sedute, il quale si organizza in serie associative che vanno dal conscio al preconscio ed elaborano frammenti di pensieri, affetti, immagini, vissuti, insight, percezioni, somatizzazioni, fantasie, emozioni, e poi altri pensieri, altri affetti. La seduta lunga consente il loro lento dipanarsi intorno a un nucleo inconscio che ne orienta la dinamica espressiva. Lo scopo è di raggiungere quei nuclei e attenuarne l’intensità di attrazione in modo da svincolare l’attività psichica dalle sue fissazioni ripetitive. L’avvicinamento delle associazioni al nucleo di fissazione rende possibile la scarica di affetti ancorati allo stesso; questa forma di abreazione sollecita la produzione di nuovo materiale associativo che si avvicina ai derivati di quel nucleo e ne smorza la carica.
Particolare rilievo assume lo studio dei sogni, effettuato in modo sistematico e comparato a partire dall’esposizione minuziosa del loro contenuto manifesto, ripetuta ogni volta che si esauriscono le associazioni al materiale onirico, con una cura ed un’attenzione tale da costruire un tessuto associativo che dal sogno si estende verso la vita diurna, il transfert, il passato, esplicitando le componenti aggressivo-sessuali dei desideri e dei conflitti che animano quel sogno. 2
E’ possibile così verificare come il sogno prepari, per così dire, la vita di veglia e questa, a sua volta in un continuum ininterrotto, anticipi i sogni della notte.
Il micropsicoanalista non ha bisogno di fare molti interventi e predilige le ricostruzioni alle interpretazioni; naturalmente deve affrontare tutte le difficoltà connesse alle resistenze, all’agire delle difese, al ritorno del rimosso, al transfert ed al controtransfert.
L’allungamento del tempo di seduta ha consentito la messa a punto di alcuni supporti tecnici, utilizzati per spingere l’investigazione del dato psichico fino ai dettagli consci e preconsci nei quali si concentrano affetti e ripetizioni.
Il più importante di essi è lo studio delle fotografie dell’analizzato, dei famigliari e di quanti compongono il suo mondo affettivo. Questo studio, effettuato anche con l’ausilio di strumenti che consentono un forte ingrandimento delle fotografie, ha il compito di consentire un avvicinamento graduale al rimosso, attraverso il contatto percettivo con materiali vicini ai suoi derivati e attraverso l’elaborazione delle reazioni psichiche a tale contatto.
Lo studio delle foto permette di osservare le proprie immagini nelle diverse fasi della vita, le somiglianze con alcuni personaggi della vicenda familiare, il ricorrere di posture ed espressioni comuni tra i parenti e le persone cui ci si è legati nel tempo. Le difese che non consentirebbero di rivivere le situazioni e le emozioni a cui ogni foto è vincolata, sono attenuate dagli ingrandimenti e diviene possibile studiare il ripetersi lungo le generazioni di gesti, scelte di partner, paesaggi comuni, case simili a quelle dell’infanzia, eccetera. Il lavoro di analisi del dettaglio fotografico produce una grande quantità di ricordi e rivissuti che vengono poi riversati in seduta e ne arricchiscono la dinamica, anche transferale. 3
Un altro importante supporto è lo studio del materiale documentario dell’analizzato: lettere, diari, quaderni scolastici, ogni documento scritto può essere fonte di uno studio dettagliato, svolto, come per le foto, allo scopo di stimolare le associazioni e i ricordi attraverso il contatto sensoriale con il documento e il suo riconoscimento in quanto traccia mnestica.
Similmente si possono studiare le mappe degli appartamenti in cui si è vissuti disegnandole una per una e poi analizzando i loro dettagli.
Micropsicoanalista e analizzato possono effettuare una visita ai luoghi in cui quest’ultimo ha trascorso fasi importanti della sua vita e in tale occasione è la presenza neutra del micropsicoanalista a fungere da catalizzatore delle associazioni e dei rivissuti suscitati da questa esperienza.
L’ultimo importante supporto, utilizzato verso la fine di una micropsicoanalisi, è la ricerca genealogica, compiuta dall’analizzato fuori seduta in modo tale da ricostruire le storie di vita del maggior numero possibile di ascendenti e collaterali. Questo lavoro, se fatto con spirito analitico, mostra la dinamica ripetitiva di ogni nucleo familiare, i tentativi più o meno riusciti di allontanarsene compiuti da alcuni soggetti, i nuclei di fissazione familiare, i traumi, i tentativi filogenetici. Esso alimenta un materiale associativo particolare, che in seduta produce una importante esperienza di ricollocamento dell’immagine di se stessi dentro l’immagine della propria famiglia. E’ una ricerca capace di suscitare affetti molto intensi ed è anche una esperienza di lutto: ci si separa da certe sfaccettature di identificazioni, ci si separa anche dalle idealizzazioni spostate sulla famiglia, da alcuni rivissuti edipici, infine ci si separa da quei se stessi bambini che foto e storie famigliari cristallizzano in un perenne presente e si prende atto dei cambiamenti, della necessità di invecchiare e della presenza delle malattie.
La particolare dinamica delle sedute lunghe ha portato a privilegiare, nella formulazione freudiana, il modello energetico-pulsionale che consente di spingere la riflessione metapsicologica su una linea di approfondimento ancorata al solco tracciato da Freud, nella costruzione del proprio modello metapsicologico, ma in grado di comunicare con la scienza contemporanea.
Il concetto di pulsione di morte come spinta al ritorno verso l’inorganico, la cui espressione psichica profonda sarebbe la stasi e il disimpasto pulsionale, è stato rielaborato da Fanti che ha collocato il punto di potenziale non ritorno della pulsione di morte oltre l’inorganico, fino ai componenti ultimi della materia, ovvero al vuoto, ed all’energia nelle sue diverse manifestazioni.
Il conflitto vuoto-energia fa da sfondo alla tensione che produce le differenziazioni via via sempre più complesse della materia vivente, fino alle polarizzazioni tra lo psichico e il biologico nell’essere umano.
La visione essenzialmente dinamico-pulsionale delle vicende umane ha portato a ridefinire l’Es in termini puramente energetici e l’inconscio in quanto crocevia nel quale i derivati dell’Es assumono una forma psichica sotto la spinta del processo primario.
Tale forma si definisce come Immagine, ovvero “l’insieme delle rappresentazioni e degli affetti che strutturano l’inconscio a partire dall’Es”. 4
Anche l’Immagine è un concetto essenzialmente energetico, infatti tende a rappresentare i contenuti inconsci in modo dinamico, organizzandoli in insiemi di tracce derivate dal funzionamento delle pulsioni. Le tracce si fanno più o meno marcate a seconda dei traumatismi che il soggetto esperisce o acquisisce per trasmissione familiare e riattualizza durante la vita fetale.
Questa fase dello sviluppo umano è stata oggetto di grande attenzione in micropsicoanalisi.
L’interazione psicobiologica materno fetale è strettissima e conflittuale 5 e in questa fase il futuro bambino fissa le prime tracce di esperienze pulsionali e di reazioni traumatiche organizzandole in forma psichica attraverso l’attività onirica. La forma di tali fissazioni costituisce il nucleo inconscio in cui agisce l’immagine con le sue sfaccettature.
I punti di fissazione filogenetici ed intrauterni alimentano le successive fissazioni e rimozioni postnatali dando luogo ad un dinamismo psicobiologico perennemente instabile. Si genera una spinta a ridurre la tensione e ripristinare una situazione omeostatica pretraumatica; tale spinta è sostenuta dalla pulsione di morte e normalmente fallisce il proprio scopo incontrando sul suo cammino la pulsione di vita e la tendenza a sfuggire alla stasi, anche a prezzo di nuovi conflitti. Pulsioni di morte e di vita sono dunque così strettamente intrecciate che in micropsicoanalisi si preferisce parlare di un’unica pulsione di morte – di vita, per sottolineare la comune matrice energetica.
L’unità motrice di tale matrice energetica è rappresentata dal “tentativo”, ovvero una prima organizzazione, psichica o materiale, del substrato energetico. Il concetto di tentativo viene usato per descrivere in modo coerente l’intreccio tra il dinamismo energetico e le organizzazioni materiali o psichiche che tendono a mantenere una loro stabilità. E’ un concetto utile poiché consente di spostare l’osservazione dalle vicende fisico – biologiche a quelle mentali mantenendo la medesima impostazione di base. Sintomi, vicende personali e familiari, serie oniriche, ogni accadimento della vita psichica può essere interpretato come un tentativo messo in moto dall’Es per risolvere una situazione di aumento della tensione, analogamente agli accadimenti somatici, come le malattie.
Tale sostanziale omogeneità dei destini psicobiologici ne sottolinea la neutralità rispetto alle mete che la coscienza elabora ed anche rispetto ad un ideale di salute o malattia, mentale o fisica. Il significato profondo del modello micropsicoanalitico si può riassumere nella accettazione della relatività del fenomeno che chiamiamo vita.
Note:
1 Cfr. S. Fanti, in collaborazione con P. Codoni e D. Lysek “Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi”, ed. Borla, Roma, 1984.
2 Vedi i due numeri speciali del Bollettino dell’istituto Italiano di micropsicoanalisi, dedicati al sogno: Il Sonno-sogno, n° 19, 1995, e: Sogno e psicopatologia, n° 29-30, 2001.
3 Cfr. N. Peluffo, “Immagine e fotografia”, Borla, Roma, 1984.
4 “Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi”, op.cit.
5 Cfr. N. Peluffo, “Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione”, Books Store, Torino, 1976.